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Il CASTELLO  - LA COSTRUZIONE 

A tramontana, fra la torre della cappella e la cinta merlata vi era una seconda torre tutta disposta, perfino con il ballattoio a soli modiglioni di pietra, alla custodia della porta che metteva nel corti­le: sprofodato fra mura e torrì che... volendo... per una finestra po­teva mettere nel cortile d'oriore, ma che per strategia si trovava di fronte l'angusta porta che metteva nella vera e propria fossa, tutta in salita, sempre rìnchiusa da mura ognor più sopraelevate, sempre dominata dal maniera e dal torrione attorno al quale curvava... per trovarsi di fronte ad altra torricella, con stanza per la scolta, con, doppia scanellatura per due, porte di cui una a caditoia. Poi si piega­va ancora, sotto la difesa del mastio fino ad un' altra porta che mette­va più in un cunicolo che non un corridoio formato dal maniero. Qui nei tempi di Venezia venne aperta una pusterla in pieno bosco. E qui si trovava una nuova porta che finalmente metteva sotto le volte reali del maniero: al cortile, alle scale del piallo interessato ed dal piano superiore. Ed ogni porta, ed ogni finestra, e tutte le ferìtoie dalle mura ai merli, dalle stanze al mastio fatte e disposte per accogliere con onori o respingere inesorabilmente.Questo il vecchio maniera di Avio. Una CORTINA INTERNA di mura merlate partiva dalla torricella a fianco di quella della cappella ed a sghimbescio si dirigeva a mattina. Quasi nel cèntro vi era iserita una costruzione massiccia chiamata, ora, "casa dei soldati" non fosse altro per la gran copia di armigeri che vi è affrescata e dimora di essi poteva anche essere in questo o quel periodo dello storico castello. Ma la CINTA ESTERNA di mura merlate a coda di rondine si sviluppava per parecchie centinaia di metri aprendosi davanti alla facciata principale del castello per scendere la china così da include­re oltre undicimila metri quadrati di pendici, partendo della nostra torricela a tramontana e risalendo all'angolo a mattina del maniero. Sono di sassi e malta costruite, principalmente nella china con l'accorgimento di testate lavorate a pietre battute per impedire che l'apertura di una breccia - della quale non vi è traccia alcuna - o la caduta di una loro parte venissero arrestate da queste finiture chiamate «stracantoni». Rari e posteriori sono i «barbacani» interni. Essi poggiano sul vivo della roccia e del conglomerato seguendo per questo la sinuosità della loro giacitura, ma sfruttandola sia per rice­vere più solidità, sia per inserirvi feritoie di osservazione e difensive come quella così bene indovinata nel cortile antistante la fossa da dove - pare fino impossibile - si scorge la porta d'entrata della cinta murata: o come la feritoia di fronte alla scala dell'interrato così in­dovinatamente posta rispetto alla pusterla. La cortina di mura era consolidata e resa più difendibile da sporgenze interne di muro della larghezza di un merlo, che emerge­vano dal resto e con altrettanta aggiunta formarono vere e proprie torri. Di essa vi è uno splendido esempio nell' ala di mura a mattina del maniero. E così era la cortina esterna di muro illustrata dall'af­fresco nella sua completa funzionalità difensiva ed offensiva, per quanto potevano giungere i getti delle armi antiche. Sotto i merli vi erano dei fori nei quali venivano posti delle travi e sopra queste assi per formare i camminamenti per gli armigeri. Dietro vi era un ballatoio sostenuto da legni fissi nei fori e sostenuti da altri legni posti in piedi nell'interno del castello. Qui potevano sostare i soldati difesi sul fianco da un merlo e qui potevano stare le armi più pesanti, per lanciare sassi e freccie ancora più lontano di quanto potessero gli archi degli armigeri da dietro i merli. Venezia e forse qualche Castelbarco ancor prima trasformarono questi manufatti originari in torri quali quella d'angolo più bassa, quella sopra la porta d'entrata a tramontana o quella chiamata «picadora» nella dizione completamente veneta. Ma oltre questa cinta merlata, che nella cortina a mezzogiorno vedremo sostenuta da scarpate rivestite in pietra viva sopra una stra­da lastricata in pietre ancora più vive e perfino solcate profonda­mente dai veicoli a strascico che vi passarono, vi era la «torre di ve­detta (Piazzola»>. Poste sotto la strada, alta non tanto più di un uomo e formata da tre lati soli di muro merlato; avanti tutta aperta verso la cinta di castello.

 

Veduta del castello dal basso 

Interno della casa delle guardie. Parete ovest. Lla scena del combattimento.  

Qua e là per la china interna cerchiata a. mura e nelle mura stesse vi sono copiose tracce di manufatti murari, di costruzioni, di demo­lizioni che nulla possono accertare dei secoli di vita e di morte, di originario e di trasformato per il cambiare di armi e di gusti di feu­datari e di signori; di dinasti e di vicari; di duchi e di capitani; di quanti cioè furono possessori del castello. E per loro nulla vi ha da dire la storia, anche quella che si ab­barbica alle vecchie pietre come l'edera che riveste e fodera tante muraglie della roccia di Avio. Un complesso di operosità e di manufatti, le cui prime tracce risalgono certamente ad un paio di millenni, e che l'attento esame mostra coordinati con i tempi e le esigenze e che corrono a sfatare la credenza di un sotterraneo fra il castello di Avio e questa o quella casa della sua valle, od angolo remoto delle chine dei suoi monti. La sua prima difesa era la cinta esterna... l'ultima resistenza la sommità del torrione.. e qui la fine di una vita o di una dinastia. L'uomo, e non solo quello della strada, di ogni tempo, non poteva fare a meno di credere che l'entrata al castello fosse stata nella parte più bassa della sua cinta anche quando qui non v' era la torre completa. Invece qui trovava la torri cella con l'armigero guardato e difeso dagli altri che erano sulle mura di cinta. E qui chi voleva entrare se non era conosciuto doveva deporre le armi, seguire la strada ai piedi della cortina merlata, girare l'altra torre d'angolo ai piedi della quale vi era la massiccia porta, ben chiusa e custodita. Se il nemico fosse riuscito a penetrare nella cinta, avrebbe tro­vato asportati ed incediati i camminamenti ed i ballatoio dietro i merli... e poi una nuova cortina di mura merlata con la «casa dei sol­dati» nel suo mezzo. E ben cinque abbiamo visto essere le porte della fossa e tutte singolarmente e collettivamente difese. Imprendibile era il maniero con la sue alte finestre circolari, con le torri ai fianchi, con il torrione sopra. E penetrati in questo era difficile raggiungere la alta porta della torre, così facilmente difendibile delle tre finestre e dai merli della sommità. E difficile era il passare da una piano all' altro e vano il bruciare le sue impalcature sostenute da pietre sporgenti e prive di scale stabili. E raggiunta la sala murata sotto la sommità si doveva arrampicarsi per il cunicolo e questo si poteva difendere con un semplice pezzo di legno stando alla sommità dal mastio. E l'assediato anche qui poteva contare sull' acqua caduta dal cielo e raccolta chiudendo lo smaltitoio di pietra. Lassù alla sommità del suo dominio il «signore del castello di Avio» poteva conservare l'ultima speranza o preso dalla disperazio­ne fare il salto verso il vuoto, verso l'inconoscibile...

 


       Interno del maniero. Enio in visita, 10 febbraio 2002

 

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