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Visita
alla casa natale di D'Annunzio
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Gabriele D'Annunnzio si sentì sempre figlio di Pescara a
dell'Abruzzo....... "
Francesco
Paolo D'Annunzio
Nel
capitolo La casa paterna del Trionfo della morte (1889-1894)
D'Annunzio riserva al padre il tono crudo del più critico
distacco: «Quelle rughe profonde, quegli occhi gonfi ed
intorbidati, quei peli bianchi che gli spuntavano su le guance e
sul mento non rasi di fresco e quei baffi e quei capelli a cui la
tintura dava un colore tra verdastro e violaceo, quelle labbra
grosse ove il respiro pareva un affanno, quel collo corto che
pareva colorito d'un sangue stravasato ...» Il piacere dello sperpero, che ha reso
Gabriele famoso per i debiti, ha dunque un'origine precisa:
durante il Carnevale, per esempio, Francesco Paolo usava gettare
dalla finestra monete d'oro e d'argento al posto dei coriandoli.
Il padre ha sempre avuto l'amore dei cani
e dei cavalli, quello dei profumi e delle donne e il piacere dello
sperpero."..mio padre è là
corpulento e sanguigno....Ho potuto vivere lungo tempo discosto da
lui, talvolta ho potuto avversarlo, talvolta persino dimenticarlo;
e ora d'un tratto un amore tumultuoso mi riempie, e il rammarico
terribile di di non essere giunto in tempo per fissare il suo viso
composto della morte.... "
Luisa
de Benedictis
Gabriele
ha sempre nutrito verso la madre affetto e devozione. Una mater
dolorosa, piangente per il figlio sempre lontano a tramare il
proprio successo, così che nei rari ritorni alla casa natale il
reduce si sente «purificato» dalle lacrime materne e nella
poesia Consolazione scriveva «non pianger più, torna il diletto
figlio a la tua casa... ». La
madre lo ha salvato da un pericolo infantile, quando Gabriele da
piccolo, cacciatore di rondini è salito in cima alla casa, sul
cornicione, per catturare un uovo da un nido sottotetto. Giù,
nella via Manthoné, si è fatto un clamore di gente sbigottita in
allarme:« A un tratto mi sentii afferrare le gambe da braccia
convulse ». E' la madre a salvarlo: « Con un grido più acuto e
più straziante » dice « di quello da lei gettato nel punto di
generarmi... Ella sola aveva osato sollevarmi, quasi riaddentrarmi
nel suo amore, ribattezzarmi nel suo pianto». Donna
Luisa morì nel 1917. Sarà lei ad invocarlo e pregarlo di
andarlo a trovarla, quando ormai malata, quasi non usciva più di
casa......." Oh, era quella voce
cara, la voce unica, indimenticabile, che gli toccava il fondo
dell'anima; era quella la voce della consolazione, di perdono, di
consiglio, d'infinita bontà ch'egli aveva ascoltato nei giorni
suoi più scuri; era quella, era quella! Egli riconosceva alfine
la tenera creatura d'un tempo, l'adorata "....alla voce
angelica e affettuosa della donna fa da contrappunto la sua
immagine invecchiata, segnata dalla malattia e dal peso della
vita.......... continua>>>
Chieti 13 aprile 2004
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